8 ottobre 2009

che per farti capire cosa volevo dire dovevo restare in silenzio. a disfarci i vestiti nelle aree di servizio per trovare al risveglio il caffè già pronto e portartelo mentre ancora sogni sul sedile posteriore. i tuoi capelli piegati male e i discorsi spiegati male ancora attaccati al parabrezza. che mi dicevi di volere imparare a capire questa mia lingua disarticolata. inciderti sui polsi la strada per non perdermi mai e le cicatrici più grandi che hanno cancellato tutto. che per poterci sentire minimamente soddisfatti abbiamo sempre più bisogno di divorare altra carne. mi scrivi e mi dici che nella città più bella del mondo non si sta poi così bene e io ti rispondo che nel quartiere più violento di questa non si sta poi così male. l'aspetto comico è che non sappiamo neanche da dove ci scriviamo. quando mi chiami, la batteria scarica che ci zittisce è la nostra salvezza. prima di farci del male. prima di dirci la verità. prima di ammettere che abbiamo mandato tutto in frantumi ma questa volta non possiamo più riaggiustarci. possiamo solo ripararci dai nostri occhi finchè non smetteranno di pioverci addosso. che se i martini versati male non danno più sollievo la colpa è delle parole ricordate bene. i muratori dei nostri cuori impegnati a costruirci delle pareti più resistenti minacciano sciopero ad oltranza, manifestazioni non pacifiche e sit-in in entrambe le coronarie. ma abbiamo già preparato i manganelli e i lacrimogeni che le rivolte dei nostri cuori è meglio se iniziamo a reprimerle sul nascere. intanto da bologna arriva un pacco con le parole più belle. e ho scelto i metri quadrati a cui dedicare la nuova cicatrice.

3 commenti:

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  2. Spero che "le parole più belle" siano le mie stupide dediche..

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