20 gennaio 2010

i ricordi informi di carne infetta. con incise sul braccio le cicatrici delle vite concluse e di quelle appena iniziate. quando per farci sorridere ci facevamo bere a vicenda. per dimenticare tutte le bruciature tutte le prime volte tutte le splendide possibilità mancate. per trasformarci i volti nelle assenze e le parole nei silenzi. i nostri sguardi ammutoliti che chiedevano sempre qualcosa di più. le bottiglie incendiate che disegnavano allegre traettorie nell'aria e accendevano i fuochi che riscaldavano i nostri sogni di un mondo diverso. quando abbiamo esagerato con i cartoni e non avevi più occhi per piangere e io non mi sentivo più la bocca per poter parlare. siamo rimasti ad ascoltare i battiti del cuore di questa città così silenziosa. suonano le canzoni che parlavano per noi. le suonano così forte da farci venire le crepe sui cuori. con il whisky come anestetico per operazioni a cuore aperto. così stanotte io ti faccio entrare come lama nella mia carne. incurante del dolore che farai perchè l'importante è che io senta qualcosa. qualunque sensazione sia. perchè la ricerca dell'anormalità è una banalità di per sè. se assunta con la ricerca dell'originalità l'effetto sedativo può anche aumentare. adesso è tutto come un prima e dopo Cristo e dio, se non abbiamo bisogno di profondità. allo specchio guardiamo il giallo dei miei occhi che una volta era bianco ed è lì che è andato a finire tutto il vino bevuto per colpa di non sappiamo cosa. le foto attaccate ad armadi che mai riordineremo per l'estate chissà perchè ce le mettiamo. le osterie sotto casa e gli spacciatori dietro l'angolo sono il modo che ha questa città per dirci che ci vuole bene. che vuole assecondare queste nostre distrazioni artistiche che sono squarci in questi letti sempre strafatti. complimenti, critiche, proposte e insulti che cadono nell'inceneritore delle nostre indifferenze. noi non faremo la nuova letteratura, la nuova pittura, la nuova fotografia, il nuovo cinema, la nuova musica. noi faremo ciò che è stato già fatto semplicemente perchè non è ancora stato capito. sarebbe come smettere di dire che la nostra cultura è politicamente e socialmente sbagliata solo per iniziare a dire qualcosa di nuovo. tipo che siamo stati sfruttati, derisi, insultati e ora feriti. domani uccisi. che nei nostri ospedali capita di non avere il tempo di vedere la mamma e si è già morti. non chiamatela malasanità, chiamiamola selezione sociale. dopo la stagione del terrore, la stagione delle stragi, la stagione del silenzio, adesso stiamo probabilmente vivendo la stagione dell'ignoranza compiaciuta. ci vuole la crudeltà necessaria a sopravvivere. la dolcezza necessaria a vivere. noi faremo la nostra storia e sceglieremo ancora una volta di avere una terza scelta. loro faranno la storia dei libri perchè voi sceglierete ancora una volta di avere una sola scelta. questa vostra verità giornalistica, documentaristica, storica, sempre più distante dalla realtà. che la cultura ci appare qualcosa di sempre più soggettivo. laureati ignoranti e spacciatori geniali. in questi tempi di surriscaldamento globale e raffreddamento emozionale. ancora mi chiedi se credo in dio. credo che se dio esistesse davvero e se fosse l'essere onnipotente e immensamente giusto che dite, ci avrebbe già sterminati tutti da tempo. quando gli afterhours in registrazione live cantavano che non si usciva vivi dagli anni ottanta e adesso verrebbe da chiedersi cos'è sopravvissuto agli anni novanta. per fortuna che cambia traccia e voglio anch'io quella vacanza di pietra e sentire ancora le dita fondersi. così stanotte ti faccio entrare e tutto il resto resta fuori. mi sembra l'unica soluzione davvero piacevole.

7 gennaio 2010

"C'E' UN POSTO ANCHE PER NOI IN QUESTO ANGOLO DI MONDO STRANO"




passeggeremo mano nella mano fino alla fine della fune. quando cadremo non ci sarà tristezza tanto grande da impedirci di continuare a vivere e godere. crediamo l'uno nell'altra ma non sarà niente di che la notte in cui tradiremo. abbiamo finalmente trovato una casa e, almeno per il momento, non abbiamo bisogno di andare a vivere a Parigi o a Berlino. il fascino di amare ciò che più ci è vicino. questo mare che ci bagna i desideri e i nostro occhi che si immergono nelle nostre anime. viaggeremo, conosceremo, incontreremo ma sempre torneremo. nel buio le tue mani d'improvviso sul mio cuore innescano impulsi emozionali che avevo dimenticato. quando credevamo di non avere più niente da guadagnare perchè avevamo perso ciò che ci sembrava il massimo che si potesse avere.adesso io guardo quel tutto e mi sembra così vuoto. e ansiolitici per i miei pensieri più duraturi e botte di vita da ottanta euro al grammo per non sentire il peso di questa lontananza momentanea. e le nostre tristezze fraintese, scambiate per rimpianto da chi crede di sapere tutto di noi e di essere ancora il nostro pensiero fisso. ci siamo inevitabilmente infettati di un virus vitale e noi stessi siamo la cura. noi che torniamo a coniugare i verbi al futuro ma con la giusta consapevolezza del presente.noi che sappiamo ancora perderci e ritrovarci. noi che sappiamo che non esistono sicurezze ma solo desideri. noi che sovvertiamo l'ordine precostituito delle nostre vite e brindiamo alla vita ogni volta che siamo ad un passo dalla morte. saremo terroristi infiltrati nei nostri cuori e faremo saltare in aria tutte le nostre insoddisfazioni. mentre le notti insonni hanno finalmente trovato una loro utilità.


"è una sensazione curiosa arrivare in una città sconosciuta
e sapere che lì tu amerai con un amore che non hai mai provato."

1 gennaio 2010

come se fosse il primo "buongiorno" di tutta una vita





ti regalo uno schermo antiproiettile per difenderti dalle nostre parole lontane. tipo una difesa preventiva dal bene che potremmo farci. poi ti faccio ascoltare qualcosa che ho appena scoperto e ci addormentiamo così, mano nella mano e cuore nel cuore. con questa musica senza parole a fare da sinfonia ai nostri sogni. al risveglio non ci ricordiamo quanti anni abbiamo ma tanto che importa? l'età è soltanto un dettaglio anagrafico. mentre ho i sogni ancora sugli occhi, metti questa canzone di Mina che non avevo mai ascoltato per intero. penso che dovremmo rivalutare almeno una parte dei vecchi gusti musicali dei nostri genitori. e sei a meno di due passi da me. con le nostre anime pronte ad invadersi e a dichiararsi guerra o amore, che tanto è lo stesso. poi ti leggo l'ultima cosa che ho scritto e mi sorprende il fatto che non la trovi deprimente. questa mattina non andrò al bar a leggere i quotidiani. perchè le armi atomiche ce le stiamo già costruendo in questa stanza. senza la paura per il male che potremmo farci. da questi pochi metri quadrati cominceremo a mescolare le nostre miscele esclusive. per incendiare l'anima e radere al suolo tutti i ricordi andati a male. costruiremo tutto daccapo ripartendo dalle fondamenta, fino ad arrivare agli attici dei tuoi tacchi alti. dormiremo solo nel buio più completo, perchè i sogni possano colorarsi dei nostri desideri. viaggeremo con le cinture di insicurezza sempre troppo strette. con questa nostra fama chimica che ci stringe lo stomaco. apparteniamo ad altri luoghi, adesso, ad altre strade, ad alti nomi. noi adesso apparteniamo a nuovi noi. noi adesso scriviamo la realtà ma avendo prima il coraggio di viverla. in questo senso, siamo come i manichini dei crash test. sappiamo amare e odiare allo stesso tempo. restare fedeli nel tradimento. curarci e ferirci l'un l'altro. siamo la salvezza che ci condanna alla vita. e non ci importa dei disastri annunciati, della fine inarrestabile e dei tabaccai agli angoli delle strade che non sorridono più. in questa città che non ha mai compreso le nostre disfunzioni sociali. ad incastrarci i nostri desideri frammentati. la nostra politica dei fatti e degli strafatti. e per Natale ti regalo anche una neve molto costosa. per santificare le feste ma sempre al contrario.