questo blog chiude qui. fondamentalmente, perché non ci si accontenta più della luna. perché delle stelle o meteore che siano non ce ne frega più niente. perché i momenti lunghi anni passano e non ci appartengono più. perché neanche nello spazio virtuale riusciamo a starcene fermi e ci siamo stancati dei codici html per cambiare font ai post che poi non funzionano mai. perché tutto cambia e si trasforma dopo che la vita ci ha ingoiati, masticati e risputati cambiati. perché neanche noi sappiamo bene cosa siamo però continuiamo ad esserlo per quell’istinto che non ci abbandona mai. per abbondanza di parole che non vogliono saperne di starsene ordinate sulle pagine insieme alle altre più disciplinate, che appaiono solitarie su ogni superficie cartacea o no e poi si ritrovano magicamente bene insieme e si tengono per mano separate solo da un piccolo puntino, senza essere mai grandi, tutte alla stessa altezza in un’utopica uguaglianza totale, come se non ci fossero momenti più importanti di altri perché la vita è vita tutta e tutta va’ vissuta. per questo e altro questo blog continuerà altrove. forse sembrerà che niente sia cambiato e invece tutto è cambiato. a volte, forse, le parole qui presenti ritorneranno quando ci dimenticheremo di averle già scritte o perché proveremo le stesse sensazioni di un particolare istante di mille vite fa’. ma comunque tutto è cambiato lo stesso. e chissà se serviva davvero farsi la guerra.
le cronache da un'italia non troppo immaginaria saranno sul blog di http://santoalcontrario.altervista.org/
10 febbraio 2011
"A CHE COSA PENSANO QUESTI UMANI FRAGILI?"
delle nostre immense distanze misurabili in centimetri. delle nostre chilometriche vicinanze. di quando te ne sei andata senza lasciarti dietro neanche un ciao. solo il tuo profumo su tutte le lenzuola e le tue impronte sparse per casa. oppure dei treni che partono puntuali solo quando dobbiamo dirci addio. e l’ultima sigaretta ha sempre un sapore un po' strano. per il tempo spietato che ci ha portati via. adesso che è iniziato questo processo irreversibile del diventare grandi davvero e magari riusciamo anche a farcela. noi che comunque a volte riusciamo ancora a trovare la forza per farli tremare. quando mi guardi in quel modo chissa' a che cosa pensi. chissa' a chi pensi. tra i palazzi schierati per proteggerci o per manganellarci meglio, bambina mia. e le tue cronache da un’Italia immaginaria. le mie parole indecifrabili. se ci nascondiamo dietro altri nomi perché siamo veramente diversi. se lei e lui prima o poi se ne andranno via perché questo paese sta' diventando invivibile. se vogliono avere ancora tanto di cui ridere insieme. se questo è il governo delle puttane che ci meritiamo e non è neanche la cosa peggiore che ci stanno facendo. non è neanche la cosa piu' nauseante che stiamo vivendo. sapendo che possiamo cadere ancora più in basso di cosi'. se mi ami ora e questo ora mi fa’ così tanto schifo. chiudi la finestra sbarra le porte dimentichiamoci di tutto e di tutti come se ci bastassimo a vicenda come se il mondo intero potesse sparire di colpo e non esistere piu'. come se invece non avessimo dentro quel non so cosa che ci fa’ interessare infuriare disgustare. penso che ho di nuovo i brividi e mi lascio prendere da domande inutili. e ti porterei a sorridere dove non siamo che noi.
22 gennaio 2011
di Eravamo e di Siamo che poi si scoprono essere fratellastri
la felicità che sta dietro ad un letto sempre disfatto e i tuoi occhi in cui naufragare. nelle sere in cui non ci importa di niente. non delle lettere di licenziamento come dichiarazioni di guerra né di tutti gli altri che sono stati rispediti indietro oppure mandati dove saranno per sempre irraggiungibili. dice che il suo nuovo lavoro in fondo non è nient'altro che essere ciò che non è. dopo il turno serale registra a notte fonda e sarà per questo che spesso sussurra. e il tutto sembra sempre così incomprensibile e invece poi arriva sempre una frase che ti svela il senso e cazzo era proprio là e o ti fa' sorridere o ti fa' quasi piangere. c'è quel pezzo registrato un pomeriggio in spiaggia in cui ad un certo punto si sente le tua voce che gridi da lontano. eravamo tutti allegri e spensierati. era il periodo delle vene ancora intere e delle prime occupazioni. dopo i nostri sogni sono naufragati e morti anneggati mentre cercavano di attraversare su un'imbarcazione precaria quella striscia sottile tra la sponda dell'adolescenza e quella dell'età adulta. poi abbiamo dovuto trovare qualcuno che ci aiutasse a costruircene di nuovi e alcune parole ci sono rimaste conficcate dentro. adesso copri il tatuaggio e metti il piercing in tasca prima di entrare in ufficio. mentre G non ha ancora deciso cosa cazzo fare e dice che dobbiamo allargare le nostre vedute però mi sa che non si allontanerà mai da quei quattro angoli. gli arrivederci detti a denti stretti che poi erano degli addii. quando per inseguire quello che avremmo desiderato essere ci siamo ritrovati completamente soli e i palazzi e i cieli erano alti e grigi come nei peggiori bianco e nero. era per noi che anche a continenti di distanza ci sentivamo respirare e sapevamo cosa volevamo ma cazzo adesso non sapremmo proprio immaginare dove andremo a finire o forse non osiamo proprio farlo. e corriamo per non fermarci a morire perchè noi non faremo la fine dei nostri genitori. però magari ricominciamo anche a volare. e comunque siamo ancora tutti vivi a parte qualcuno.
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