25 aprile 2010
daremo un nome a tutto ciò che facciamo. per poterlo poi dimenticare
dici che vai ancora a rifuggiarti nelle chiese. ci vai a cercare il silenzio sapendo di non trovarci dio. ascoltando tutti i nostri progetti disincantati cantati male su note nate per caso. adesso che abbiamo imparato a rispettare le distanze. tutte le distanze che ci hanno salvati. ora che cerchi di capire come procede la mia vita scrutando tra le mie parole. se riesci a capirlo chiamami e spiegamelo. perchè è finita che non so più neanche come mi chiamo. quindi me lo faccio scrivere sulla pelle in un momento di lucidità. e mi vesto di nero per non sbilanciarmi. come quando alzo le spalle se mi chiedi se adesso sono felice. sarà che parlo e scrivo al plurale anche quando sono solo. con questo schifo di lavoro che mi costringe a stare tutta la notte in mezzo alla gente ma pur sempre fondamentalmente solo. le nostre vite non aspettano più le loro coincidenze. così mi tocca di viaggiare tra spogliarelliste con tette da diecimilaeuro e fascisti che piangono raccontandomi delle loro vite di cui non me ne fotte un cazzo. saremo camerieri e barman per tutta la vita perchè le note le immagini e le parole non si mangiano. non ci diranno mai più buonagiornata e dovremo ringraziare senza ricevere nulla. è la società fondata sul lavoro che hanno sempre cercato di insegnarci. è il mio personale suicidio a tempo determinato e tu che mi dici che non sono nato per questo. che sto svendendo la mia esistenza. la verità è che non ho più l'età per amarmi. e questa vita si svuota rapida come quattro bottiglie sull'isola lunga delle nostre nottate. una fetta di limone a dare il restrogusto aspro necessario. o forse avevi ragione tu. abbiamo sempre avuto bisogno di ingozzarci di tutto questo schifo. di infettarci a contatto con l'umanità marcia. di respirare l'aria putrida dei corpi in decomposizione. ci serve per riuscire a coltivare queste distese bianche altrimenti aride. poi sorrideremo con quell'espressione da impostori. come il finale di quel film che abbiamo visto sei anni fa.
14 aprile 2010
dimmi che non sai farti una volta da sola se non sei con me. vendo tutto, se vuoi. anche quello che non ho mai avuto e tutto ciò che non ho più. i volti a cui non riesco a dare un nome e i luoghi a cui non so dare uno spazio definito. definitivo sembra questo lasciarsi andare all'impreciso. il nostro concetto di vita che andrebbe forse rivisto. questo silenzio asfissiante che si dilunga oltre la peggiore delle ipotesi. respira ancora e continua a contare. la città come non l'abbiamo vista mai. tra il bianco e il nero dei tasti abbiamo intrecciato le nostre vite. chiudi gli occhi e immagina. ti colpiranno mentre sogni. è il motivo per cui ci danno la speranza. respira ancora e continua a raccontare. che viviamo in un paese sempre più verde con un futuro sempre più nero. il coraggio che abbiamo di restare. nonostante i preti, la televisione e io che ti dico che non c'è niente da fare. c'è solo da farsi. nei pomeriggi daltonici sulle spiagge abbandonate. tornerà di nuovo l'estate e noi a scappare da turiti tristemente allegri. tornerà il sole ma non quello che abbiamo perso. ancora una volta ritornerà a scoppiarci qualcosa dentro al cuore. all'improvviso. e ci sentiremo nuovamente vivi. all'improvviso. come se fosse la cosa più semplice da fare. quasi fosse facile come morire. tra piatti riscaldati e ghiaccio sui denti. che tra risate e pagliaccerie ci stiam giocando la vita. e una sola non potrà mai bastare. Chiara che sognava ad occhi aperti è morta strafatta. è morta felice. mentre noi ci domandiamo ancora quando finirà questo scavarci le anime alla ricerca di una goccia di sangue che sia ancora puro. sulle strade del ritorno ci sentiamo perduti. ci colpisce l'idea che forse sarebbe stato meglio accontentarsi. ma in queste notti gelide non riusciamo a riscaldarci stringendo corpi dissanguati. quando hai rinunciato a combattere e il coraggio che hai trovato per andartene. e io sempre qui. immobile. con la paura che ci tiene con i piedi per terra. che ci mette in mano una penna e ci fa scrivere. che ci mette in mano una pistola e ci fa sparare. che ci mette in mano una croce e ci fa pregare. ma le mie mani tremano. non possono tenere niente. neanche te.
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