21 novembre 2009
come la melodia tutta particolare di ogni nostro singolo respiro. asmatici dinanzi all'assenza delle sorprese che non siamo più capaci di regalarci. quando lo stupore era il collante principale delle nostre anime. i decadenti che hai sempre minimizzato ma che avevano già capito il senso del nostro disfarci. anche se il volere sfuggire alla banalità diventa poi una banalità. siamo veggenti impostori dei nostri futuri, noi che non siamo capaci di decifrare neanche il nostro presente. mi chiedevi quanto ancora saremmo riusciti a resistere in quella situazione e avrei dovuto risponderti fino a quando non avremo la forza di abbandonare tutto. perchè ci arrenderemo o perchè finalmente troveremo il coraggio di pensare davvero solamente a noi stessi. la bottiglietta di valium è finita e per stanotte ci toccherà di fare i conti con i nostri pensieri, le nostre paure, i nostri ricordi. ci fosse almeno dell'oppio ottocentesco sarebbe tutto molto più facile. e invece, anche su questo, abbiamo sbagliato il secolo in cui emettere il nostro primo pianto in questo mondo di merda. che avrei voluto vivere una vita violenta, mentre a te va' bene questa piatta tranquillità. non riusciamo mai a lasciare a casa le nostre complicazioni, ce le portiamo sempre dietro in tasca. anche nelle nostre serate più allegre. per questo abbiamo la necessità di renderle serate stravolgenti. anche sui palcoscenici con le luci che ci sciolgono la pelle e noi a dichiarare odio e rassegnazione, a spogliarci fino a rimanere nudi ma tanto nessuno se ne accorge. che a farci tremare le mani non è il locale traboccante ma sono le parole stesse e le assenze tra le sagome scure. cercare uno sguardo diverso tra gli sguardi incuriositi. cercare di capire chi capisce. siamo usciti allo scoperto e ci siamo ritrovati soli tra la folla. sacrificheremmo cento corpi per un solo corpo che non ha più forma. ti arriveranno solo le mie parole registrate male che odorano del fumo delle cento sigarette delle cento città. o forse non ti arriveranno mai e mai più sentiremo le nostre voci scavare voragini nelle nostre anime. ci resteranno solo le banalità che nascondono ciò che in realtà vorremmo dire. le parole vere verranno a galla di notte, quando l'anima si allagherà di vino, martini, wishkey, tequila o altri liquidi del genere. fuoriusciranno velenose e acide, lo sai che parlo male ma penso peggio. e regaleremo le nostre parole a tutti gli altri ma non tutte, alcune le metteremo da parte. soprattutto i silenzi.
4 novembre 2009
LA PAROLA CREA UN'ELEVATA DIPENDENZA. NON INIZIARE.
avevamo ricoperto le mura bianche senza spigoli di quella stanza di scritte ad inchiostro nero per non dimenticare mai ciò che pensavamo. c'era quel pezzo di musica classica contemporanea in cui da strafatti avevamo ritrovato noi stessi in ogni singola nota. lì dentro c'erano racchiuse e trasformate in musica tutte le nostre gioie, tutte le nostre tristezze, ogni lacrima e ogni singola carezza. adesso non riesco più a riconoscere quale traccia fosse di quell'album. era tutto un pezzo di vita chiuso in sei minuti di accordi senza parole. io che non ricordo mai un cazzo ho impressa in mente come una fotografia sbiadita quella notte in macchina. che sembra passata una vita e invece la vita ce l'abbiamo ancora tutta davanti. non avevamo il coraggio di pronunciare quella parola e se lo facevi lo facevi tra le lacrime. la vita che non avremmo mai immaginato, la vita che mai avremmo voluto. la vita che avremmo desiderato. che cazzo di senso ha adesso ripensare a ciò che non è stato o non è stato? come immaginare come sarebbe venuto su bene un figlio che abbiamo abortito. non c'è più spazio per i rimorsi. adesso è tempo di capire che non abbiamo più molto tempo. quel che ricordiamo non ha più importanza. è quel che viviamo adesso in questo preciso istante ciò che più importa. ci siamo ubriacati per sempre con tutte le lacrime che abbiamo versato. ci siamo iniettati in vena tutti gli errori che abbiamo commesso lungo un cammino fatto di ogni sensazione che si possa provare o contraffare. adesso il vento gelido cerca di imitare un respiro perduto. ho un occhio da 50mm attraverso cui filtrare il mio sguardo. un vocoder attraverso cui far passare la mia voce prima che tu possa sentire le mie parole raccontare di tutto questo. di quando restiamo gli unici superstiti ancora in piedi nella notte assassina e tutti gli altri riversi sulle scalinate e sulle panchine delle piazze ormai silenziose o a regalarsi parole ipocrite e orgasmi sinceri. le albe allucinogene sui porti industriali mentre le puttane sfinite ci sorridono con entrambe le labbra arrossate come i nostri occhi stanchi di ricevere immagini e bisognosi del nero del nonpensiero. partiremo per le zone di confine dei nostri cuori. a sperare di farci sparare addosso dai sentimenti in rivolta. i nostri sentimenti in permanente guerra civile e noi come promotori di una pace impossibile non resteremo impassibili di fronte a ogni nostra nuova sconfitta. che questi giorni si diluiscono tra le mura come gocce d'acqua scomposte e si sente l'assenza insostenibile di un'idea difficilmente realizzabile.
meno male che ho l'istinto e l'abitudine
ad arginare questo vuoto d'inquietudine
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